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sabato 31 gennaio 2009

GAZA: UN MILIONE E MEZZO I FERITI


GAZA: UN MILIONE E MEZZO I FERITI
JONATHAN COOK


17 gennaio 2009


Dopo quasi tre settimane tra bombardamenti e attacchi via terra il numero delle vittime sale ad oltre 1100. Ma sorprendentemente nessuno ha riportato un dato ancora più spaventoso: nella Striscia di Gaza ci sono oltre 1 milione e mezzo di palestinesi feriti. Come è possibile che questa incredibile cifra sia stata bypassata dai media? La ragione apparentemente sembrerebbe essere legata all’inattendibilità delle fonti ufficiali palestinesi. Il Ministero della Sanità palestinese registra solo i feriti bisognosi di cure in ospedale. Ciò significa contare "solo" i 4.500 abitanti della Striscia di Gaza che hanno subito lesioni come gravi ustioni da fosforo, ferite da schegge di artiglieria, rottura o perdita degli arti a causa delle bombe, ferite da arma da fuoco; traumi fisici derivati dalle macerie delle abitazioni.

C’e’ un altro più ragionevole standard per stimare i feriti. E la fonte è israeliana. Un esempio: nel settembre 2007 i media internazionali riportarono che 69 soldati israeliani furono feriti quando alcuni militanti palestinesi spararono un razzo che colpì una tenda dove i soldati dormivano. Dei 69 feriti 11 riportarono lesioni moderate, uno lesioni molto gravi, un paio lesioni lievi. Il resto era composto da soldati colpiti da un forte stato di shock. Applicando lo stesso criterio a Gaza, significa che il numero dei feriti sale ad 1 milione e mezzo. C’e’ qualche dubbio circa lo stato di shock permanente durante le settimane di bombardamenti in un territorio caratterizzato dalla elevata densità di popolazione?

La cosiddetta "guerra" condotta sulla Striscia di Gaza deve essere il primo esempio nella storia umana di un conflitto dove non ci sono apparentemente civili. L’impressione con l’ausilio degli organismi internazionali, come l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) o le Nazioni Unite si faccia riferimento ad una nuova categoria: "donne e bambini".

Il numero delle vittime, oltre 1110, infatti, è ripartito tra "donne e bambini" e il resto. Le prime cifre riportavano il 25 per cento di vittime tra le "donne e i bambini", salendo intorno al 50 per cento dall’inizio degli attacchi via terra. Implicita l’idea, gradita ad Israele, che il resto sia costituito da combattenti palestinesi; o meglio ancora i "terroristi". A Gaza ogni maschio al di sopra dei 16 anni viene definito come un combattente e, implicitamente, come "terrorista". In sostanza, tutti gli uomini della Striscia di Gaza sono legittimi obiettivi dell’attacco israeliano.

Non lontano dalla posizione recentemente attribuita dal quotidiano Jerusalem Post ad importanti uomini politici israeliani. Il giornale ha riferito che alcuni funzionari erano giunti alla conclusione che "è inutile per Israele rovesciare Hamas perché la popolazione (di Gaza) è Hamas". Israele, da questo punto di vista, è in guerra con ogni singolo uomo, donna e bambino di Gaza. Forse dovremmo essere lieti che la categoria di "donne e bambini", almeno per ora, sia riconosciuta.

I miti sul blocco di Gaza

Proviamo ad affrontare alcuni dei miti circa il blocco di Gaza: il primo è che il blocco è stato una risposta necessaria per l'elezione di Hamas.
Provate a dirlo a John Wolfensohn, inviato speciale per il Quartetto, che comprende gli Stati Uniti, Nazioni Unite, l'Europa e la Russia, a partire dal maggio 2005. Il suo lavoro è stato quello di sorvegliare il disimpegno. In un'intervista sul quotidiano Haaretz, nel 2007, Wolfensohn ha spiegato il motivo per cui egli si era dimesso nell’aprile 2006 ad un anno dall’inizio del suo incarico. "Poco dopo l’inizio del mio mandato nell’estate 2005 - ha detto - Israele e gli Stati Uniti violarono le intese di garanzia per l'attraversamento delle frontiere di Gaza rimaste aperte dopo la partenza dei coloni ebrei. Ogni aspetto di tale accordo è stato abolito".

Il risultato è stato il collasso dell’economia: i contadini di Gaza hanno visto la loro produzione ammuffirsi alle frontiere e il tasso di disoccupazione e di delusione tra gli abitanti è aumentato vertiginosamente. "Al posto della speranza, i palestinesi hanno rivisto la prigione". Wolfensohn ritiene che la chiusura dei passaggi è uno dei fattori del successo di Hamas nelle successive elezioni, nei primi mesi del 2006. Secondo Wolfensohn, dunque, il blocco di Israele pre-esisteva all’ascesa al potere di Hamas ed è iniziata quando a governare Gaza era ancora il partito Fatah. Il secondo mito è che il blocco sia stato un tentativo per giungere al riconoscimento del "diritto ad esistere" di Israele da parte di Hamas. Provate a dirlo a Dov Weisglass, collaboratore a Washington dell’ex primo ministro Ariel Sharon. E’ stato lui a suggerire il vero obiettivo del blocco, subito intensificato dopo la vittoria elettorale di Hamas. La politica dovrebbe essere "come un appuntamento con un dietologo. I palestinesi dimagriranno ma non moriranno".

In breve, secondo Weisglass, la politica israeliana a Gaza è stata la "punizione collettiva" inflitta alla popolazione civile colpevole di aver scelto Hamas; una politica che, è necessario sottolinearlo, è una grave violazione del diritto internazionale e crimine di guerra.

La speranza, si sarebbe annidata nel malcontento degli abitanti di Gaza vista la povertà assoluta nella quale sono sprofondati, e rovesciare Hamas. Ma non è accaduto. Il terzo mito è che il blocco sia stato progettato per fare pressione su Hamas per porre fine al fuoco dei razzi su Israele.

Provate a dirlo a Ehud Barak, il Ministro della Difesa e a Matan Vilnai, il suo vice. Questa coppia ha tramato l'invasione di Gaza nel corso dei sei mesi di cessate il fuoco con Hamas, e di fatto molto prima. In verità, essi hanno ignorato ogni apertura diplomatica con Hamas, comprese le offerte di tregue a tempo indeterminato, mentre hanno investito le loro energie nelle eventuali sucessive invasioni via terra. In particolare, hanno lavorato su dei piani, note ai media israeliani dalla primavera del 2008, per il livellamento dei quartieri civili di Gaza e per la creazione di "zone di combattenti" da cui i civili sono stati espulsi. Un aspetto trascurato del blocco è il modo in cui è stato utilizzato per "ammorbidire" Gaza e Hamas, prima dell’attacco di Israele. Per tre anni alla popolazione di Gaza sono stati negati cibo, medicinali e combustibile. Ogni generale sa che è più facile combattere contro un esercito - o miliziani - infreddolito, stanco e affamato. Potrebbe esserci una descrizione migliore dei combattenti di Hamas, così come quella delle donne e dei bambini ritratti di fronte ai carri armati tra i bombardamenti di Israele?

Jonathan Cook

(traduzione a cura di) Alberico Pecora

Originale - http://www.countercurrents.org

Jonathan Cook è uno scrittore e giornalista inglese. Vive a Nazareth, Israele dal 2001. Il suo ultimo libro è "Disappearing Palestine: Israel’s Experiments in Human Despair". Il suo sito è www.jkcook.net; una versione di questo articolo è stata pubblicata su Al-Ahram Weekly (http://weekly.ahram.org.eg).






:: Article nr. s9104 sent on 20-jan-2008 08:52 ECT


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