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sabato 16 gennaio 2010

Ad Haiti si temono 200 mila morti

16/1/2010 (6:51) - TERREMOTO - DOPO LA DEVASTAZIONE
Ad Haiti si temono 200 mila morti
Il Paese nel caos aspettando gli aiuti

Cumuli di cadaveri a Port-au-Prince.
Nelle vie scontri, saccheggi e violente.
E oggi sull'isola arriva Hillary Clinton
ROMA
Mentre la conta dei cadaveri rende più precise e per questo più terribili le stime sul numero dei morti (ora se ne temono 200 mila), si segnalano le prime manifestazioni di rabbia dei sopravissuti di Port-au-Prince che si sentono abbandonati.

Nel quarto giorno dal terremoto che ha distrutto Haiti, dopo tre notti trascorse in strada fra macerie e cadaveri alla ricerca di acqua e di cibo, con la paura di nuove scosse, cresce la tensione e sono state viste anche barricate e blocchi stradali eretti usando anche i cadaveri. Ed è in questo scenario che il segretario di stato americano Hillary Clinton si reca oggi ad Haiti, dove entro lunedì giungeranno anche diecimila soldati americani per proteggere la sicurezza e l’ordine pubblico e devastato dal terremoto.

Per agevolarli, Haiti ha concesso agli Usa il controllo temporaneo dell’aeroporto di Port-au-Prince. Nella capitale la gente si sente abbandonata, malgrado gli sforzi umanitari di tutto il mondo e la corsa contro il tempo per salavare quante più vite possibili dalle macerie. E lo stesso presidente haitiano, Renè Preval, ha ammesso oggi di temere una «violenta rivolta popolare». Si tenta di sopravvivere in mezzo ai cadaveri e continua l’apprensione per gli italiani che ancora mancano all’appello. C’è anche la prima vittima italiana, Gigliola Martino, di 70 anni, figlia di italiani ma nata a Haiti. Da parte sua la Farnesina a fronte di 180 italiani rintracciati, indica che «20 risultano dispersi», tra i quali uno già individuato sotto Le macerie di un supermarket di Port-au-Prince e due funzionari dell’Onu per i quali si nutre «seria preoccupazione». Intanto si continua scavare tra le macerie dell’Hotel Christophe e del Montana, dove i soccorritori francesi e spagnoli hanno estratti vivi diversi stranieri, ma non ci sono notizie di connazionali.

Impossibile ancora un bilancio delle vittime, che nella stragrande maggioranza sono ancora sotto le macerie, dove la gente, lasciata a sè stessa, cerca ancora sopravvissuti. In serata un sottosegretario haitiano ha riferito che sono stati sotterrati «40 mila corpi» ma ha aggiunto di ritenere che oltre a questi ve ne siano da inumare «altri 100 mila». La stima, inferiore solo a quella di mezzo milione formulata da un senatore haitiano, supera le cifre fornite di fonti più attendibili e caute. La Nazioni Unite hanno fino ad ora conteggiato circa 9 mila cadaveri, circa 7 mila dei quali sono stati sepolti ieri in una fossa comune. La Croce Rossa haitiana parla per ora prudentemente di 40-50 mila morti; la Panamerican Health Organization (Paho), braccio americano dell’Organizzazione mondiale della Sanità, di un numero oscillante fra i 50 e i 100 mila.

C’è poi il dramma degli sfollati: l’Ufficio Onu per gli affari umanitari (Ocha) stima che le persone ancora senza cibo nè aiuti siano circa due milioni e parla di 300.000 senzatetto nella sola capitale e di circa 3,5 milioni di persone colpite dal sisma fra Port-au-Prince (2,8 milioni), le aree rurali e altri centri urbani come Jacmel e Carrefour. Un ministro haitiano ha indicato il numero dei senzatetto in 1,5 milioni. Ma esperti di Strasburgo analizzando immagini satellitari stimano che siano il 20%. «Ma è un dato che va preso con prudenza perchè ci sono degli edifici interamente distrutti e altri che sono crollati solo parzialmente», dice Kader Fellah, ingegnere del Sertit. Ma la situazione fuori dalle città è ancora poco conosciuta: secondo l’ong Oxfam, «l’epicentro del disastro si trova nelle aree rurali del Paese, ma l’accesso alle campagne è interrotto ed è quindi impossibile stabilire l’entità dell’emergenza e i bisogni della popolazione». Il mondo si è mobilitato per la tragedia che ha colpito il Paese più povero dell’emisfero occidentale, l’Onu ha lanciato un appello per raccogliere 550 milioni di dollari per l’emergenza e i soccorsi cominciano ad arrivare insieme ai primi aiuti internazionali. Ma sul posto manca il coordinamento.

«Manca tutto, acqua cibo e carburante», scrivevano ancora stamani testimoni su Twitter. «C’erano morti e feriti ovunque, ma niente ospedali, nessuno che potesse accoglierli, cadaveri per terra, e gente che si affollava intorno», racconta un francese all’arrivo a Parigi. È in questo quadro che la Clinton vedrà di persona il funzionamento della macchina degli aiuti, appena entrata in moto, e ascolterà di persona dal presidente Preval e dagli altri membri del governo la priorità delle necessità del paese dopo la catastrofe. Intanto lo sforzo umanitario ha scavalcato le barriere politico-ideologiche: il governo di Cuba ha concesso il suo spazio aereo ai voli americani che partono dalla base di Guantanamo, dove gli Usa stanno portando alcuni dei feriti evacuati da Haiti, per creare un corridoio Guantanamo-Miami che accorcia i voli di 90 minuti. La missione Onu (Minustah), che nel sisma ha perso 36 dipendenti, ha giudicato per ora «sotto controllo» la situazione della sicurezza ad Haiti e il ministro della difesa Usa, Robert Gates, l’ha definita «buona»: «L’elemento chiave - ha detto il capo del Pentagono - è far giungere viveri e acqua con la massima rapidità nell’area colpita, evitando che la gente, trascinata dalla disperazione, si abbandoni ad atti di violenza». Episodi di sciacallaggio vengono ovunque segnalati, anche se il Pam, l’agenzia Onu per l’alimentazione che ha già portato cibo a 60.000 persone, ha smentito la notizia circolata oggi che un suo magazzino ad Haiti fosse stato saccheggiato. Secondo il presidente haitiano, «col passare del tempo, sono sempre più impazienti e cresce la rabbia e la furia». Inoltre, circa 4.000 detenuti sono alla macchia dopo il crollo del carcere centrale di Port-au-Prince.
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/esteri/201001articoli/51294girata.asp